di Maria Benedetta Gambacorti Passerini
A partire dal 22 febbraio 2020, progressivamente giorno per giorno l’impalcatura che reggeva la normalità della nostra esistenza ha perso un pezzo dopo l’altro… Per chi, come me e come molti di noi, ama sentire di avere “le cose sotto controllo” non è stato e non è facile arrendersi a una situazione in cui ciò è sempre meno possibile.
Sono a disagio, siamo a disagio…e proprio i tre assi della nostra esperienza esistenziale (tempo, spazio e corpo) rimandano continuamente questo disagio che si sta costruendo nella nostra esperienza attuale e che formerà, volenti o nolenti, un nostro nuovo modo di essere nel mondo.
Il tempo quotidiano, giornaliero e settimanale…non c’è più, perché non ci sono più i luoghi e le attività che eravamo soliti frequentare…che i nostri corpi erano soliti frequentare, anche e soprattutto nell’incontro con gli altri.
Tutto questo fa paura, fa una dannata paura, soprattutto se si cerca disperatamente di tornare ad avere un benchè minimo controllo verso “ciò che c’era prima”.
Come poter allentare questa continua e costante paura, o, almeno, cercare di poterla dirigere verso una forma che possa anche essere creativa e generatrice di qualcosa di nuovo, sebbene, forse, non lo avremmo ritenuto necessario e nemmeno voluto?
Trascorrendo i giorni, mi sono trovata a sperimentare una postura in qualche modo “arresa” all’idea di non poter controllare nulla, o molto poco, di quanto sta avvenendo e che proprio in questa “resa” possa trovare lo spazio di agire pensieri alternativi, diversi e mai ipotizzati prima.
Questo proprio per non far dominare e guidare le giornate dalla paura che, si sa, fa addormentare il pensiero. Provo a fare un esempio non riguardante la salute, banale e quotidiano, ma forse proprio per questo così presente nell’esistenza (e chi lavora in educazione sicuramente conosce bene questi pensieri…).
Non posso andare, nemmeno in solitudine e mantenendo le distanze, nel Parco di Monza per quanto serve al mio cane, perché è stato chiuso? Posso trascorrere i giorni fino al 3 aprile arrabbiata per qualcosa che, nella negazione della sua possibilità, continua a rimandarmi l’impossibilità di controllo…
Oppure…i miei vicini di casa, con cui posso parlare dalla finestra e che abitano da sempre in questo paese in cui io sono arrivata da poco, forse sanno indicarmi altri luoghi del mio territorio, più dimenticati e meno frequentati, dove posso portare il mio cane, all’aperto e in solitudine…?
L’esempio è naturalmente “piccolo” e riguardante una minuscola parte della vita, ma proprio questi aspetti, ci rendiamo sempre più conto, costruiscono ciò che ora ci balza più all’attenzione e ci manca.
Ecco che, forse, nella non possibilità di controllo sulle mie abitudini consolidate è possibile attivare altre risorse…scoperte di nuovi luoghi, che attivano relazionalità sociali (…dalle finestre…) e permettono ai corpi di vivere in modo creativo le rinunce che questo momento di restrizione di movimento richiede.