di Micaela Castiglioni
La situazione globale, drammatica e stra-ordinaria che stiamo vivendo a causa della pandemia per COVID19 sta mettendo in evidenza criticità, fragilità, vulnerabilità, così come lati oscuri e sommersi, contraddizioni e paradossi, a più livelli, anche differenti tra loro, e all’interno delle molteplici appartenenze della vita adulta.
Come studiosa ed esperta di educazione degli adulti e degli anziani mi hanno colpito quelle che potremmo chiamare le narrazioni caleidoscopiche sull’identità e sul ruolo
degli adulti che l’emergenza coronavirus ha messo in risalto in modo molto nitido. Ne richiamo soltanto alcune, certa che chi leggerà queste brevi riflessioni potrà
integrarle, ampliarle, e perché no, metterle in discussione.
- C’è una narrazione che ci presenta adulti responsabili verso se stessi e gli altri, che, messi davanti alla limitazione della libertà personale, si sono adeguati con consapevolezza, riconoscendo essi stessi l’importanza e l’inevitabile necessità di una scelta simile per la salute dell’intera comunità.
Come chiamarli? “Quelli che” hanno capito con responsabilità?
- C’è, al contrario, una narrazione che dà forma ad adulti i quali davanti al monito televisivo, quotidianamente riproposto, “restate a casa”, continuano ad uscire, a fare footing, a non rispettare la distanza di sicurezza, ecc... Non sono pochi, si parla del 40% dei cittadini adulti.
Come si possono chiamare? “Quelli che” andiamo fuori lo stesso e nonostante…”?
E qui, non posso evitare di pormi alcune domande: perché questo comportamento? Forse, perché è stato posto un vincolo? Perché la libertà individuale è stata limitata? Se non ci fossero le regole e le limitazioni ministeriali la percentuale di questi adulti rischierebbe di aumentare? Probabilmente, sì; se i decisori politici stanno progressivamente intervenendo – almeno nelle aree geografiche così dette rosse - con limitazioni più rigide, con controlli ancora più severi e con multe molto più pesanti.
- C’è, inoltre, un’altra narrazione, quella veicolata dai palinsesti TV, che sembra parlarci di adulti da in-trattenere H24, in casa, svagandoli ad oltranza e non facendoli pensare (e non è giocoforza, che uno pensi, solo e sempre, al coronavirus). Adulti probabilmente non ritenuti in grado di scegliere, di organizzare e gestire la propria quotidianità, di raccogliersi, almeno ogni tanto, tra sé e sè? Senza dubbio svagare, rassicurare è utile ma non è altrettanto utile capire, riflettere in silenzio?
Come possiamo chiamarli questi adulti costruiti dai media? “Quelli che” bisogna colmare, sviandoli?
Quali altre narrazioni si possono aggiungere? Ci vengono in mente possibili integrazioni? Narrazioni diverse? Che cosa possiamo apprendere, seppur drammaticamente, dal COVID 19, affinché non tutto ritorni come prima?