La partecipazione ai processi decisionali è un fattore chiave per il benessere dei care leaver

Un nuovo studio conferma che per un care leaver l'agency si correla con un benessere effettivo solo se il care leaver ha un ruolo attivo nelle decisioni sul suo percorso di vita.
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Una giovane ragazza con in mano il suo zaino

Scott Webb via Unsplash

Un nuovo studio condotto dalla ricercatrice UniMiB Chiara Carla Montà e dai professori UniMiB Alessandro Pepe ed Elisabetta Biffi in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Firenze, recentemente pubblicato su Children and Youth Services Review (volume 160, maggio 2024, 107500), ha indagato in che misura la relazione tra agency (il costrutto che descrive la capacità di avere un controllo diretto sul proprio percorso di vita) e benessere in un gruppo di care leaver italiani sia mediata dalla partecipazione alle decisioni che influenzano la loro vita. Il gruppo ha adottato un metodo quantitativo analizzando le risposte anonime di 48 care leaver delle città italiane di Firenze e Prato a tre diversi questionari (WHO-5 Well-being Scale, Children's Hope Scale e Child and Adolescent Participation in Decision-Making Questionnaire) e calcolando la bontà di uno specifico modello evolutivo in cui la partecipazione al processo decisionale agisce come variabile mediatrice tra il livello percepito di agency dei care leaver e il loro benessere auto-valutato. Nonostante le dimensioni ridotte del campione reclutato, i risultati mostrano che tale modello di mediazione è significativamente robusto nel riflettere le risposte raccolte: in un contesto come quello del sistema di affidamento, in cui le possibilità agentiche degli adolescenti sono limitate, il loro coinvolgimento nei processi decisionali è un fattore cruciale per convertire il proprio senso di agency in un'effettiva maggiore soddisfazione di vita. La conclusione chiave dello studio è che avere l'opportunità di essere coinvolti nel processo decisionale, di essere informati sui vari elementi che caratterizzano la propria condizione e di discutere in accordo con i professionisti dei servizi le proprie possibilità future rappresenta l'elemento centrale che permette all'agency dei care leaver e al benessere di essere in una correlazione positiva statisticamente significativa.

I care leaver sono giovani cresciuti lontano dalla famiglia di origine, in affidamento o in case di accoglienza, che si trovano in una fase di transizione dall'assistenza all'età adulta. In quanto tali, sono una popolazione vulnerabile che deve ricevere una protezione e un sostegno adeguati per aiutarli a raggiungere l'indipendenza e a ottenere risultati positivi nell'età adulta. La protezione dei care leaver comprende l'accesso a un alloggio stabile e a un adeguato sostegno finanziario per aiutarli a coprire le spese di vita, la concessione di opportunità di istruzione, formazione e occupazione, la garanzia che abbiano accesso ai servizi di salute mentale e ad altri servizi di supporto, ma anche la garanzia di accesso a informazioni e consulenza sui loro diritti e sulle loro prerogative nel passaggio all'indipendenza. Tuttavia, i professionisti potrebbero temere di esporre i care leaver al peso di decisioni e responsabilità e potrebbero agire come limitatori della loro agency in nome del loro benessere. Questo approccio può portare i care leaver a un senso di impotenza e di mancanza di controllo sulla propria vita. Inoltre, perdere l'opportunità di praticare il processo decisionale quando si è ancora in affidamento può trasformarsi in una successiva difficoltà, in età adulta, a prendere decisioni in materia di formazione, relazioni interpersonali o lavoro.

L'uscita dall'affidamento apre una nuova fase per gli adolescenti: percepiscono un'espansione delle loro opportunità di vita ed enfatizzano i loro sentimenti di agency, ma si rendono anche conto di avere una ridotta capacità di prendere decisioni indipendenti rispetto ai loro coetanei, a causa dell'intermediazione dell' "ecosistema di adulti" previsto dal servizio di protezione. Il gruppo di ricerca ha concepito uno structural equation model (SEM) in cui l'agency è una variabile disposizionale, il benessere è una variabile di esito e il processo decisionale è una variabile mediatrice. I 48 care leaver reclutati hanno risposto a tre questionari che indagavano ciascuna di queste tre variabili. Calcolando cinque diversi indici di qualità del fit tra il SEM teorico e le risposte dei care leaver, il gruppo ha confermato quantitativamente che la partecipazione ai processi decisionali determina una correlazione positiva tra l'agency auto-percepita e la soddisfazione di vita complessiva.

Il diritto dei care leaver di avere un ruolo nelle decisioni che li riguardano non è solo uno dei requisiti fondamentali delle Convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti di minori (1989), ma diventa anche l'elemento che permette alle agenzie di tornare a svolgere la loro funzione di promozione del benessere in un contesto in cui la libertà di azione è inevitabilmente limitata. Un'implicazione pratica dei risultati del lavoro, per gli operatori e i professionisti che lavorano nel sistema di affidamento, è la necessità di un dialogo continuo con i care leaver e di un'attenta osservazione dei loro livelli di partecipazione. I professionisti dovrebbero inoltre verificare la propria disponibilità a condividere potere e responsabilità con i care leaver e misurare come le loro relazioni con i care leaver stiano effettivamente promuovendo una transizione positiva verso l'età adulta. Questo obiettivo può essere raggiunto aderendo a modelli teorici solidi quando si pianificano e sviluppano gli interventi di assistenza. Gli autori citano tre modelli di auto-indagine per gli operatori: il modello "Ladder of Participation" (Hart, 1992), il modello di Shier (2001) e il modello di Lundy (2007).

La ricerca è stata condotta nell'ambito del progetto CarIng, cofinanziato dal programma Rights Equality Citizenship (REC) dell'Unione Europea. Il progetto sostiene i giovani che hanno lasciato il sistema di affidamento a perseguire i loro obiettivi di vita e fornisce una formazione su misura per i professionisti dei servizi sociali.

L'articolo completo è disponibile in open access.

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