Inside ESC PhD – Monica Facciocchi

Nell'ambito del racconto dei dottorandi e delle dottorande del PhD in Educazione nella Società Contemporanea pubblichiamo la presentazione di Monica Facciocchi, al terzo anno del suo dottorato.
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Child-to-Parent Violence from Margins to Meanings. Mapping Educational Ecologies through a Multiple Case Study

Il mio percorso di ricerca nasce da un attraversamento diretto e personale delle pratiche educative. Prima ancora di arrivare al dottorato, il mio lavoro nelle comunità per minori mi ha portata a incontrare famiglie segnate da ferite profonde, adolescenti difficili da raggiungere, storie fragili e complesse che chiedevano soprattutto ascolto. È in questo contesto che la violenza filioparentale (child-to-parent violence) è emersa lateralmente come un linguaggio estremo attraverso cui si esprime una sofferenza non solo individuale che si fa fatica a nominare.

Il fenomeno ha preso per me una forma e un nome nel momento in cui ho incontrato il giudice onorario del Tribunale dei Minori di Milano Alessandro Rudelli, il quale è stato tra i primi in Italia a realizzare una ricerca quantitativa sul fenomeno a partire dai fascicoli amministrativi del TM, assieme al collega Raffaele Bianchetti. Da questa connessione nasce l’idea di una ricerca dottorale in educazione dedicata ad indagare qualitativamente e da un punto di vista pedagogico
la violenza filioparentale.

Quando ho iniziato a occuparmene in modo sistematico, ho subito incontrato un vuoto: in Italia, seppur in crescente espansione, la letteratura sul tema è ancora scarsa e la voce pedagogica assente. La mia ricerca nasce quindi da una mancanza, ma anche da un desiderio: restituire alla pedagogia un ruolo di mediazione, di traduzione tra mondi, di accompagnamento nella complessità delle relazioni familiari.

Il progetto di dottorato si è sviluppato attraverso tre contesti principali:

  • il Tribunale per i Minorenni di Milano, dove ho condotto un’analisi documentale sui fascicoli amministrativi relativi a casi di violenza filioparentale;
  • il progetto “Le Querce” della Fondazione Gruppo Abele, unica esperienza italiana dedicata esplicitamente al supporto psicoeducativo di genitori vittime di questa forma di violenza, dove ho condotto delle interviste mediate con genitori e professionisti psico-educativi;
  • la piattaforma online Quora, osservata attraverso una prospettiva netnografica per comprendere il discorso pubblico e le rappresentazioni sociali relative al fenomeno.

La triangolazione di questi materiali – documenti istituzionali, interviste mediate e conversazioni digitali – ha dato vita a un multiple case study analizzato attraverso le lenti dell’approccio ecologico di Bronfenbrenner. Al centro, due domande:

  1. Quale contributo può offrire la pedagogia alla comprensione teoretica della violenza filioparentale?
  2. Quali strumenti, metodologie e/o approcci educativi possono sostenere interventi di tipo preventivo in questo campo?

Accanto alla ricerca accademica nell’aprile 2025 ho fondato “incatrAmare”, un blog di divulgazione nato per colmare l’assenza di contenuti accessibili rivolti a genitori, professionisti, in generale a un pubblico più ampio. Il nome deriva dal racconto di una madre: sentirsi “incatramata”: invischiata e, insieme, legata da un amore profondo al proprio figlio. Il blog mira a costruire un ponte tra ricerca, pratiche territoriali e narrazioni quotidiane.

Il cuore del mio lavoro risiede nell’idea che la violenza non è mai solo un gesto, non riguarda esclusivamente il singolo o il nucleo familiare, invece, essa è da considerarsi espressione di uno scenario culturale e sociale situato. La pedagogia, in questi termini, più che fornire risposte immediate, può creare spazi di pensiero nei quali le famiglie possano ritrovare parole, significati, possibilità e metterli in dialogo con una comunità educante diffusa e materiale. Il titolo della mia
ricerca esprime proprio questo intento: spostare lo sguardo dai margini e dalle marginalità di un comportamento estremo per avvicinarsi alla costruzione di un significato reticolare e sistemico dello stesso, affinché ogni narrazione difficile, accolta nella sua complessità come parte di una storia più ampia, possa diventare un luogo possibile di trasformazione, non solo familiare ma educativa e sociale.

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