"Come abitiamo questo mondo? Come si sta trasformando la condizione umana nel contesto globale in cui spazi, relazioni e percezioni mutano, in modi complessi e spesso imprevedibili, per effetto delle tecnologie digitali?" Cristina Palmieri, direttrice del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione "Riccardo Massa", apre con questa domanda la giornata di inaugurazione del Seminario Permanente che si è svolta il 9 aprile nell’Aula Martini dell’edificio U6 di UniMiB. "Un quesito non originale che è già oggetto di un vasto corpo di ricerche nel nostro dipartimento, ma le cui possibili risposte rimangono mutevoli perché si aggiornano al passo con l’attualità. Nell’epoca dell’intranquillità, come l’ha definita il filosofo Miguel Benasayag nella sua omonima lettera alle nuove generazioni, i cambiamenti tecnologici sono così rapidi che fatichiamo a comprenderne l’impatto prima che ne sopraggiungano di nuovi. Per addentrarci nella caotica rivoluzione digitale e approfondire i suoi effetti sull'esistenza dal punto di vista educativo e socioculturale dobbiamo adottare metodi di ricerca nuovi, che siano interdisciplinari, laboratoriali, includano i territori e abbiano ricadute positive sugli stessi. In quest’ottica abbiamo concepito la proposta di ricerca con cui abbiamo vinto il bando dei Dipartimenti di Eccellenza 2023-2027".
Il Dipartimento è stato infatti selezionato dal Ministero dell'Università e della Ricerca e dall’Anvur come uno tra i 180 Dipartimenti di Eccellenza per il quinquennio 2023-2027. A livello nazionale, è uno dei 12 dipartimenti dell'area CUN 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche ad avere ottenuto tale riconoscimento, ma non è solo un attestato di merito: vincere il bando dei Dipartimenti di Eccellenza permette di ricevere un importante finanziamento dal MUR per avviare un progetto di ricerca quinquennale, con la denominazione di Progetto di Eccellenza. Il progetto formulato dal dipartimento si intitola "Cambiamenti e potenzialità educative e socioculturali connessi alla transizione digitale" e il Seminario Permanente sarà il ciclo di eventi con cui fino al 2027 il dipartimento intende dialogare e riflettere sui risultati del progetto, ma anche raccogliere e integrare i contributi di esperte ed esperti nazionali e internazionali.
I temi del Progetto di Eccellenza
Palmieri, che ha riportato i saluti e l’entusiasmo della Rettrice Giovanna Iannantuoni, ha spiegato che il progetto non vuole assumere a priori una postura morale nei confronti delle tecnologie digitali. “Dobbiamo studiare la transizione digitale senza connotarla come giusta o sbagliata, ma riconoscendovi una lente attraverso cui osservare l’umanità praticamente sotto tutti i punti di vista, data la diffusione capillare di queste tecnologie in tutti gli ambiti delle nostre esistenze. Studiare le conseguenze del digitale ci permette di capire, di rimando, che cos’è oggi l’umano e come l’umanità interagisce con sé stessa e con il non umano.” La ricerca delle potenzialità educative e socioculturali di questa transizione è quindi da intendere sia come analisi di nuove opportunità, condizioni e stili di vita, sia come studio delle nuove forme di disuguaglianza che ne scaturiscono.
Da questo approccio derivano le tre linee di ricerca con cui la cabina di regia del progetto ha organizzato i lavori del quinquennio: transizione digitale e contrasto alle disuguaglianze educative e socioculturali; transizione digitale e formazione di identità individuali e collettive; transizione digitale e rafforzamento dei legami sociali. Questioni oggi definite ipercomplesse, perché tengono insieme una moltitudine di meccanismi complessi che a loro volta interagiscono tra loro. Si pensi per esempio a come il digitale abbia moltiplicato le realtà a cui accediamo, nelle quali abbiamo creato nuovi legami e nuovi significati condivisi, e a come questa moltiplicazione abbia posto le basi per concettualizzare il digital gap, la disuguaglianza nell’accesso alle infrastrutture digitali, che a sua volta è in relazione con le disuguaglianze socioeconomiche e influenza molti fenomeni sociali, per esempio la dispersione scolastica. Oppure si pensi a come la vertiginosa evoluzione dell’intelligenza artificiale generativa stia ridefinendo il significato di concetti come umanità e verità.
Sono temi intricati ma anche urgenti, che bisogna affrontare abbandonando già in partenza l’aspettativa di un’interpretazione univoca e unilaterale. Da questo punto di vista il Dipartimento ha dalla sua una tradizionale vocazione interdisciplinare perché raduna ricercatrici e ricercatori in pedagogia, psicologia, antropologia, filosofia, studi socio-organizzativi, studi linguistico-letterari, storia, arte e geografia. Tutte queste diverse figure saranno chiamate a interagire tra loro ma anche a incorporare nuove tecnologie di indagine e realizzare sperimentazioni nei territori con la partecipazione attiva degli enti e della cittadinanza.
"L’approccio laboratoriale di radunare pensieri e prospettive diverse farà inevitabilmente evolvere il modo di fare ricerca del nostro dipartimento", hanno aggiunto le docenti Franca Zuccoli, Chiara Bove e Alice Bellagamba, coordinatrici delle tre scuole di dottorato del dipartimento. "Coinvolgeremo in questo processo studenti e studentesse magistrali e di dottorato attraverso i loro lavori di tesi, perché sono le figure che erediteranno i nuovi approcci di indagine attivati dal progetto e vogliamo che prendano parte alla loro ideazione e realizzazione. Questo progetto ha l’ambizione collaterale di costruire una comunità scientifica critica, sinergica, responsabile, capace di contaminarsi con altri settori disciplinari e di rimanere nell’attualità."
Per lo sviluppo del Progetto di Eccellenza sono stati istituiti un centro di ricerca dipartimentale, il Centro per i Cambiamenti e le Potenzialità Educative nella Transizione Digitale (CAPTED), e un Polo Culturale e Tecnologico che raduna tutti i laboratori umanistici e tecnologici del dipartimento favorendo l’interscambio di dati e risultati.
Un filtro umano c’è sempre
Per sottolineare l’ampio respiro dei temi del Progetto di Eccellenza e l’intenzione di integrare le tante voci della ricerca internazionale già attive a riguardo, la giornata di inaugurazione ha ospitato tre interventi da altrettante persone che studiano le trasformazioni connesse al digitale da angolature diverse ma partendo da un presupposto comune: gli ecosistemi digitali sono programmati, mediati e popolati dagli individui e in quanto tali hanno il duplice ruolo di riflettere le diverse soggettività e al contempo influenzarle.
Il primo intervento è stato affidato a Graziano Lingua, professore ordinario di Filosofia Morale all’Università di Torino, il quale ha ripercorso i temi del suo ultimo libro “Toward an Anthropology of Screens” (2023, scritto con Mauro Carbone, edito da Palgrave Macmillan) mettendo in guardia sulla percezione di immediatezza trasparente, teorizzata alla fine degli anni Novanta da Bolter e Grusin, di cui possono illuderci le interazioni nelle reti digitali. "L’idea che stare online permetta di vedere la realtà senza filtri, come in un confessionale di scala globale, è un’illusione scivolosa che non deve impedirci di riflettere su chi crea le narrazioni che passano dagli schermi, come le diffonde e perché." Le infrastrutture digitali ospitano narrazioni tutt’altro che universali e trasparenti, perché plasmate di volta in volta da punti di vista soggettivi. Nelle parole di Lingua "lo schermo è diventato un canale emotivo attraverso cui trasmettiamo i nostri costrutti di senso e riceviamo quelli degli altri individui."
Lo mostrano bene anche le ricerche di Ana Jorge, professoressa associata del dipartimento di scienze della comunicazione dell’Università Lusófona di Lisbona, che ha tenuto la seconda lezione sul rapporto tra genitorialità e uso del digitale, in termini di digital parenting, l’integrazione del digitale e delle reti sociali nelle pratiche genitoriali, e di sharenting, cioè il racconto dell’essere genitori sui social media. Le ricerche di Jorge mostrano per esempio che l’esposizione sociale e mediatica del genitore incide su quello che mostra sui social di sé o dei figli, sulla responsabilità percepita riguardo l’esposizione dei figli e sul ruolo che sceglie di assumere nei confronti degli altri genitori.
La capacità di creare discorsivamente una narrazione deriva dalle possibilità di ibridare diversi formati a seconda del contesto, ma l’affermazione di idee e identità dipende anche dalla conoscenza e dal controllo dei meccanismi che regolano il discorso online, come gli algoritmi dei social network. Per comprendere i flussi dell’informazione e i suoi effetti occorre infatti abbandonare l’idea di una società digitale disintermediata, perché se da un lato coltiviamo l’ambizione di raggiungere altri individui senza barriere spazio-temporali e di costruire in autonomia i nostri significati, dall’altro lato il filtro alle informazioni che ci scambiamo non è sparito. Ha bensì cambiato forma, si è verticalizzato lungo le strutture di potere dei servizi digitali producendo numerose opacità che oggi non devono essere sottovalutate sul piano politico, economico e sociale. Il ricercatore palestinese Fayez Mahamid della An-Najah National University ha raccontato, nel terzo incontro, una lunga serie di sistematiche violazioni dei diritti del popolo palestinese all’interno dello spazio digitale, riportando soprattutto episodi dal 2020 al 2024 che hanno riguardato le grandi aziende del digitale e le loro pratiche di censura e rimozione dei contenuti palestinesi, a seguito di pressioni del governo israeliano. Da Venmo, che ha bloccato molte donazioni verso i Palestinesi assediati, a Google Maps che mostra la Striscia di Gaza in bassa risoluzione impedendo di documentare la distruzione provocata dall'invasione israeliana, passando per Youtube e Twitter che hanno propagato hate speech contro il popolo palestinese senza fare adeguati controlli sui contenuti di origine israeliana. La discriminazione digitale subita dai palestinesi mostra quanto sia urgente rinegoziare pluralmente i meccanismi che tutelano l’equità e la libertà di espressione negli spazi digitali come parti integranti delle nostre esistenze. D'altra parte, non bisogna cedere a una visione unilateralmente scettica delle derive del digitale. La ricerca accademica deve anche saper cogliere e indirizzare le potenzialità trasformative di queste derive, perché gli spazi digitali consentono forme espressive nuove e multi-sensoriali con le quali è possibile avviare inediti percorsi di consapevolezza, di soggettivazione degli individui e delle comunità, destinati a migliorare concretamente la qualità della vita di chi ne partecipa.